Vorremmo oggi poter dire che sì senza consenso è stupro! Con un bel punto esclamativo finale a sancire la perentorietà di una affermazione che racchiude la forza di una inequivocabile tutela.
Ci abbiamo sperato leggendo il testo dell’art. 5 della Proposta di Direttiva Europea sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica che definisce il reato di stupro per assenza di consenso quale “atto compiuto senza il consenso volontario della donna o senza che la donna sia in grado di esprimere una libera volontà”.
Ci abbiamo sperato perché avrebbe comportato un salto in avanti nel presente “in molti Stati membri in cui la condizione perché si configuri stupro è ancora l'uso della forza, della minaccia o della costrizione. In altri invece basta la sola condizione che la vittima non abbia acconsentito all'atto sessuale. È questo l'unico approccio che garantisce la piena protezione dell'integrità sessuale della vittima”, come precisa il tredicesimo considerando della Proposta di Direttiva.
E ci abbiamo voluto sperare perché l’Italia è uno dei Paesi in cui, “nonostante le raccomandazioni del GREVIO e del comitato CEDAW, lo Stato non ha emendato la legislazione per basare il reato di violenza sessuale sulla mancanza di consenso, come richiesto dalla Convenzione di Istanbul” secondo quanto si legge nel recentissimo Report delle Organizzazioni della società civile italiana per la CEDAW.
Speranze che avevano cominciato a scricchiolare quando verso la fine di gennaio si prospettavano soluzioni di compromesso rispetto alle quali anche la Uil si era espressa, insieme a Cgil e Cisl, per infrangersi definitivamente lo scorso 6 febbraio leggendo il comunicato stampa che dava conto dell’accordo raggiunto da Consiglio e Parlamento, accordo che non prevede più il reato di stupro europeo, ma interventi di prevenzione dello stupro, con la conseguenza che nulla cambierà nelle legislazioni nazionali, compresa quella italiana.